C’è una bella differenza tra una vera vittima di un trauma e chi invece sguazza nel vittimismo. Il vittimismo è particolarmenete di moda oggigiorno e lo possiamo osservare in diversi personaggi pubblici, anche famosi, e specialmente inTV.
La vera vittima è colei che ha subìto un trauma fisico, psicologico o emotivo, ne soffre e cerca di rialzarsi e guarire da esso. Il vittimista invece può avere subìto anch’egli un trauma, ma continua a perpetrare in eterno il ruolo della vittima innocente.
La vera vittima cerca dolorosamente di superare la ferita che ha subìto; il vittimista gode della notorietà che la sua ferita gli procura.
La vera vittima ha come obiettivo il continuare a vivere, superando il trauma; il vittimista ha come obiettivo l’ottenere visibilità o guadagni secondari (come l’essere ammirato) dalle ferite che sbandiera a destra e a manca, cercando si suscitare sensi di colpa negli altri (attenzione!).
La vera vittima sa che anche lei, nella vita, non è mai totalmente innocente (e chi lo è?) e si assume le proprie responsabilità del male; il vittimista invece dà sempre e solo la colpa agli altri.
Il vittimista recita il ruolo del “grande incompreso”, del martire. Si sente offeso se gli altri non riconoscono la straordinarietà della sua sofferenza e non capiscono che lui è una persona eccezionale. Naturalmente svaluta la sofferenza altrui: nessuno lo capisce, nessuno ha sofferto come lui! Si sente eccezionale anche nella sofferenza, forse addirittura un santo.
La verità è che coloro che così allegramente sguazzano nel ruolo della vittima dovrebbero chiedere perdono in ginocchio a coloro che soffrono davvero e non cercano notorietà. I traumi e le ferite non devono mai essere usati come strumento di ricerca di notorietà, potere, soldi, favoreggiamenti. Le sofferenze di ciascuno non sono mai paragonabili.
E nessuno può dirsi totalmente “innocente” tanto da non aver mai causato, a sua volta, sofferenza in qualcun altro.